Capitò proprio una mattina tra tante: mi sveglia e vidi un whatsapp di David con una foto di una montagna: una parete enorme, solcata da questa linea che passava nel suo centro e puntava diretta alla cima.
Sotto l'immagine David mi scriveva "Sai che parete è?  E soprattutto che via è questa?"
“Certo che si!” gli risposi “ È la Slovak Direct sulla parete sud del Denali".


Mi disse: “Andiamo?”
E io senza pensarci un secondo risposi  di “si”.

Così da quel momento si accese dentro di noi un fuoco che per un anno tenne alta la motivazione per preparaci a questa grande avventura. Nel periodo di preparazione ci allenammo duramente con Twinbody, correndo e scalando sul Monte Bianco, ripetendo vie impegnative.
L’obiettivo era arrivare ad ogni allenamento sfiniti.
Molte volte le sessioni di allenamento erano due al giorno e devo dire che è stata dura.
In più, a complicare il tutto, in quell’anno avevo anche gli esami per diventare Aspirante Guida Alpina che combaciavano con la mia preparazione.



Terminato l'anno arrivò il momento di partire e dopo un lungo viaggio giungemmo in questa terra simbolo di avventure selvagge.
Prima sosta, Talkeetna, un paesino davvero piccolissimo.
Il nostro volo sul ghiacciaio decidemmo di farlo con Sheldon la famosa compagnia fondata appunto da Don Sheldon,  il pilota che portò i Ragni di Lecco nel lontano 1961.
La spedizione dei Ragni, capitanata da Riccardo Cassin, salì per prima dalla parete sud aprendo la famosa via città di Lecco o meglio conosciuta oggi come la via Cassin.
Finalmente, dopo giorni di attesa dovuti alle condizioni pessime per volare, salimmo a bordo di questo aereo che all’apparenza dava l’idea di precipitare da un momento all’altro.
Dopo circa qualche minuto di volo, vedevamo in lontananza il nostro sogno e il primo pensiero che mi venne in mente fu: “Ma quanto è enorme il Denali?”.
Atterrati sul ghiacciaio, mi guardai subito attorno e rimasi a bocca aperta, tutto era bianco, tutto era così grande.
A un centro punto venni scosso da David che mi riportò subito sull’attenti, non c’era tempo da perdere. Dovevamo metterci in marcia per percorrere più strada possibile. Tutto il materiale era sulle nostre compagne di avventure, le slitte, che dovevamo tirar fino a campo 14.000 ft., punto in cui avremmo fatto il nostro campo base.
Dopo qualche giorno riuscimmo ad arrivare con tutto il materiale al campo ma non fu assolutamente facile perché entrambi dovevamo tirare 70 kg a testa, considerando anche l’aspetto della quota in cui ci muovevamo.

Qui sistemammo la nostra piccola “casetta” che ci avrebbe riparato dal freddo e dalla neve per un po’. Intanto il tempo passava e noi iniziavamo il nostro acclimatamento.
Finalmente arrivò il giorno in cui fummo pronti per la cima, la forma era ottima e procedeva tutto liscio fino a quota 5800 quando ad un tratto iniziai a non sentire più le dita dei piedi e così, per non peggiorare la situazione, decisi di scendere.
David invece arrivò in cima.
Dopo un giorno di riposo ripartii per la cima per finire l'acclimatamento, mi sentivo in forma strepitosa ma nel salire pensavo: "Io la cima non voglio farla dalla normale, ma dalla Slovak Direct, la via per cui sono venuto fin qua.".
Così 100 metri prima dell’arrivo mi fermai e tornai a campo 14.000 ft.
La voglia di fare questa fantastica via era talmente forte che arrivai a prendere questa decisione: per me salire il Denali ormai era farlo dalla Slovak!


Proprio come era stato salire il Monte Bianco per la prima volta dal Pilone Centrale del Freney.
Dopo giorni di riposo e attesa, finalmente il nostro grande amico, Matteo Della Bordella, ci diede una super notizia. Sarebbe arrivato finalmente il bel tempo con un solo giorno in mezzo di brutto.
Non esitammo e la notte del 18 giugno partimmo decisi, con l'obiettivo ben chiaro nella nostre menti.
L'avvicinamento si presentava subito molto complesso tra seracchi e  placche a vento e capimmo che l'ambiente talvolta può esser davvero severo.
Finalmente riuscimmo ad arrivare sotto al couloir dei giapponesi dove con un traverso raggiungemmo la cresta della via città di Lecco e da lì ci calammo all' interno del canale dell' attacco originale della via stessa.
Sotto la parete, venivamo colpiti dall’imponenza di quest’ultima,  mai vista una così grande.
Ci sentimmo quasi schiacciati dell' immensità della montagna.
Montammo la tenda e ci infiliamo nei sacchi, dopo aver fatto quasi dieci ora di avvicinamento battendo traccia con neve fino alle ginocchia.
Al calar del sole partimmo per la nostra via dei sogni.
La prima giornata si concludeva con 12 ore di scalata e decidemmo di bivaccare nel crepaccio del primo seracco situato a un terzo di parete.
Luca sulla Slovak Direct
Qui fummo costretti ad aspettare una giornata a causa del brutto tempo.
Passata la piccola perturbazione, ripartimmo per affrontare la seconda parte della via, quella più impegnativa tecnicamente parlando, con tiri di misto fino all' M6+ poco proteggibile e ghiaccio verticale, insomma il nostro pane.
Terminata la parte arrivammo sotto la mitica headwall dove affrontammo il tiro in A2 che ci portò via un bel po' di tempo.
Dopo la headwall un altro tiro di misto molto tecnico ci portò al nevaio che fiancheggia il seracco nominato Big Berta.
Uno scenario non spettacolare, di più.
Dopo qualche centinaio di metri il nostro fisico iniziava a cedere e decidemmo di bivaccare montando la tenda sull'unica piccola sporgenza presente ricavata scavando con le picozze nella neve.
Il giorno seguente si ripartì con l’illusione che le difficoltà maggiori fossero finite ma invece non fu così.
Davanti a noi si presentò una sezione di misto di 2 tiri ma che ci impegnò non poco.
Dopo averla superata ci trovammo ad affrontare l’ultimo pendio dove battemmo la traccia sempre con neve alle ginocchia.
Arrivammo così alla cresta della via città di Lecco.
Dopo una breve sosta per sciogliere neve da bere e mangiare barrette e gel continuammo la nostra ascesa verso la cima.
A quota 5600 m ci fermammo per riposare, scavammo una piazzola per la tenda e nel farlo, trovai un vecchio calzino che avrei poi portato con me come ricordo di questa super montagna.
La notte passò lentamente a causa del freddo che non ci fece riposare come avremmo voluto.
Al mattino ripartimmo e la parte finale della via continuò ad essere in neve fresca, facendoci faticare fino all' ultimo metro, fino a quando a un certo punto arrivammo sulla cresta che porta alla cima.
Proprio nel punto in cui ero tornato indietro nella salita di acclimatamento.
L’emozione fu talmente forte che mi fece uscire qualche lacrima di felicità.
Posammo gli zaini e con passi molto lenti ci dirigemmo verso la cima.


David e Luca in vetta al Denali
In cima David mi disse: "Luke questa volta l abbiamo combinata grossa".
E io commosso non potei che rispondergli: "Sì, l’abbiamo combinata grossa, abbiamo ripetuto la Slovak direct sul Denali, yeeeeaaaah".

Next
This is the most recent post.
Post più vecchio