Questo può considerarsi il secondo episodio delle mie salite estive in Val di Mell, naturale proseguimento della precedente avventura al Trapezio d’Argento ripercorrendo “Stomaco Peloso” e poi l’ ”Alba del Nirvana”.
L’idea dell’ennesima super classica nel granito della Valle nasce da un desiderio, per me naturale, di ripercorrere determinate linee. Diversi amici e compagni di cordata, sono già passati da quella linea individuata il 3 e 4 Aprile del 1976 dai signori Ivan Guerini e Mario Villa, dedicata al Dio orientale della vitalità onirica.
Per molti,   più bella e completa della più blasonata sorella maggiore “Luna Nascente”.

Dopo l’esperienza su l’Alba del Nirvana, volevo passare ad una via più impegnativa ma non volevo decidere sul momento come la volta precedente, volevo mischiare un po’ di “avventura” ad una classica della valle.

Questa volta però, l’avventura era stata pensata “a tavolino”. Inizialmente, avevamo concordato la data del 5 settembre ma dopo un po’ di chiacchiere e birre varie era emerso che non avevo mai fatto un bivacco. Da lì, la disquisizione in pieno stile Oktoberfest (NDR: mancavano solo i cori in tedesco), si sposta su quanto sarebbe figo organizzare una salita che comprenda un bivacco in parete. Ci siamo appassionati all’idea, ed abbiamo iniziato a giocarci in modo ostinato;
“… la lanciava in aria e la trasformava; la lasciava sfuggire e la riafferrava; la rendeva incandescente di immagini, le dava le ali del paradosso. Mentre continuava a parlare, l'elogio della follia si innalzava a filosofia e la Filosofia stessa diventava giovane, afferrava la musica folle del piacere, si vestiva, per così dire, della sua veste macchiata di vino e della sua ghirlanda d'edera, ballava come una Baccante sui colli della vita e scherniva per la sua sobrietà il lento Sileno.
… Alla fine, vestita della livrea contemporanea, la Realtà entrò nella stanza sotto forma di un servitore, venuto a dire alla duchessa che la sua carrozza era arrivata.”
[Cit. “Il Ritratto di Dorian Gray” di O. Wilde]

Nel nostro caso, la Realtà si presento sotto forma di piattino con dentro uno scontrino piegato in due per nascondere la cifra … Era il Conto!
A fine serata, avevamo già tutto nella nostra testa. C’era l’idea, la volontà di organizzare qualcosa di diverso della durata di almeno due giorni, avevamo anche già fatto la cernita di quello che serviva e avevamo anche scelto il vino da bere per brindare alla riuscita. Mancava solo una cosa: non avevamo ancora scelto la Via da fare.
In questo senso, sono stato io a mettere un punto fermo.  La mia volontà di avere come teatro delle operazioni la Val di Mello, ha fatto ricadere la scelta su “Il Risveglio di Kundalini”. Sicuramente  potevamo optare per una via diversa, forse più lunga ma dopo un paio di considerazioni legate in primis al mio attuale livello di arrampicata e poi l’allenamento ci hanno riportato sulla Dimora degli Dei.
Decisione presa! Ora dovevamo scegliere delle date che potessero andare bene per entrambi dal momento che si tratta di due giorni continui.

La mattina del 1 settembre mi trovo sotto casa dei GuidONE alle 11:00, dopo aver preparato le varie cibarie. Ovviamente, il cibo era compito mio. Tenendo a mente che il Sig. Pota è vegetariano, la sera prima, avevo preparato un contenitore con ben tre tipologie diverse di formaggio già tagliate a strisce e pronte da mangiare. Marmellata per la colazione ed un paio di bottiglie di rosso per festeggiare.
Passiamo dal suo “arsenale” per recuperare quello che serve per fare la via: mezze corde da 60mt, vari friends, una serie di nuts, fettucce e rinvii ecc. Con un certo stupore, mi passa anche un cordino in kevlar da 60mt con annessa Micro Traxion. Lo guardo con fare interrogativo e ghignando mi indica il saccone BD.

Carichiamo l’auto e mentre guido, mi spiega come intende gestire la salita. Lui scalerà con il mio zaino. Tutto il materiale per la notte lo metteremo nel saccone BD che verrà recuperato da Lui al termine di ogni tiro usando il cordino e la carrucola bloccante. Durante la fase di recupero, il mio compito sarà cercare di evitare che il saccone vada in giro per la parete tenendolo dall’estremità opposta. Eventualmente, se il saccone dovesse incastrarsi sarò sempre io a doverlo liberare. Con una certa perplessità penso: “Vabbeh! Se non c’è altro modo …“.

Ci fermiamo al Centro Polifunzionale per uno spuntino prima di parcheggiare e dirigerci in Valle.
Matrix con alle spalle la Dimora degli Dei

In ogni caso sarà un successo quindi bottiglia pronta!

La via abbraccia tutta la struttura di granito denominata la Dimora degli Dei. Si sale inizialmente procedendo verso destra per poi procedere a sinistra traversando tutta la struttura disegnando una gigantesca “C” che termina alla fine dell’immenso tetto sottostante il Bosco Incantato. Una delle vie più varie da un punto di vista tecnico. C’è davvero tutto: placca, traversi, camino, fessure e tetti.
Tempo di salita stimato è circa 4-5 ore.

Portiamo solo il minimo indispensabile, ma è innegabile che la ferraglia è comunque tanta. Non esagero nell’affermare che avremo avuto sulle spalle almeno 25 kg a testa. Procediamo con l’avvicinamento con passo svelto, quindi alle 15:30 circa arriviamo all’attacco. Confesso di essere un po’ emozionato. Procediamo nel disporre il materiale negli zaini, indossiamo imbrachi e Matteo mi mostra come fissare il saccone al cordino per il recupero.

Dovrebbe essere inutile dirlo, ma data la linea della Via, il vero protagonista della salita è stato un saccone Black Diamond da 40lt per un peso complessivo intorno ai 25-30 kg.

Ma partiamo con il racconto della salita …

L1 – Si sale dritti lungo una fessura che conduce poi sotto ad un tetto. Si traversa verso destra per circa 20mt seguendo una bella fessura proteggibile con Camalot #2 #3. Esaurita la fessura si sale ancora in verticale per pochi metri, quindi si traversa seguendo una fessura per altri 15-18 mt. Il tiro finisce sotto un tetto che prende il nome di “Ala di Pipistrello” (per via del profilo), dove si sosta su due chiodi da rinforzare con un #3.
Il Pota parte a razzo ed in pochi minuti arriva in sosta. Dopo aver sistemato il tutto, inizia il recupero del saccone.  Cerco di mettere in pratica quanto concordato, tirando il cordino per evitare il pendolo di 30mt attraverso alberi e cenge. In qualche modo cerco di farlo passare oltre le cenge ed i cespugli più bassi, ma sull’albero proprio sotto il tetto non c’è verso. Dovrò sbloccarlo  quando salgo.
Il tiro non è complicato e la fessura ben protetta fornisce da sola ottime prese per le mani. Arrivato a metà devo “abbandonare” la fessura per sbloccare il saccone. Cerco di stare sui piedi il più possibile, quindi mi abbasso in direzione albero per far passare il saccone oltre il tronco. L’operazione avviene senza intoppi anche se comporta il rischio di pendolare per qualche metro. Mi fermo sull'alberello aspettando che Matteo finisca di recuperare il saccone quindi riprendo la fessura e concludo il tiro.



L2 – Adesso c’è il passaggio più difficile della via. Il passo di VII sotto il famoso tetto. Sono presenti ben tre chiodi per garantire un minimo di sicurezza durante il passaggio. Matteo passa via come se nulla fosse provando a spiegarmi come fare il passaggio visto che dalla sosta non potrà né vedermi né darmi indicazioni. Conscio della difficoltà, mi rinvia i tre chiodi in caso di necessità e poi procede spedito fuori dal tetto lungo l’ennesimo traverso di una 30na di metri seguendo una fessura ben proteggibile con friend grossi #2 e #3 fino alla sosta su un bel alberello scomodo scomodo.
Arrivato in sosta, parte il cinema del recupero del saccone. In un tiro di traverso come questo, vi lascio immaginare la partenza: pendolone di 10mt che incastra il saccone proprio all’uscita del tetto. Come per il tiro precedente, sblocchero il saccone durante il passaggio.
Parto. Complice la mia altezza riesco a ricostruire i movimenti visti qualche minuto prima e a raggiungere i medesimi appoggi usati da Matteo. Traverso, stando attendo a spalmare bene le Katana, libero il saccone tenendomi bene su bordo esterno del  tetto. Aspetto che Matteo concluda il recupero del saccone, ma sono costretto a liberarlo anche da un alberello prima della sosta. La fessura comunque è ben proteggibile e fornisce un sacco di soluzioni di incastro per tenersi. Raggiungo la sosta rinforzata con due Camalot #3 Blu. (NDR: Ma quanti ne ha visti passare questo alberello ?)

Matrix libera il saccone
L3,L4 – Forse il tiro più fisico e bello della via. Si sale una fessura denominata al “Serpe Fuggente” per via della sua forma e completamente da proteggere con friend grandi Camalot #2 #3 sino alla sosta molto scomoda su due alberi. Ovviamente la Guida ha preferito boicottare la sosta, per proseguire lungo un camino di una decina di metri denominato “Angolo Amaranto”(completamente improteggibile). Al termine del camino è possibile sostare usando una pianta e organizzarsi su un comodo terrazzino. Per noi, questo tiro è stata la parte più faticosa. Com’è facile immaginare, indovinate dove si è incastrato il saccone dopo 50mt di pendolo ? … Eeeessatto! Per fortuna una volta incastrato non ho dovuto infilarmi nel camino per liberarlo ma Matteo, da bravo GuidONE, si è calato in doppia per liberarlo (almeno 3-4 volte) mentre io mi occupavo del recupero dall'alto.

Fuori dal Camino
L5 – La via procede in quello che vien chiamato il “Bosco dai Folletti”. I due apritori bivaccarono qui prima di riprendere l’apertura della via. La nostra idea iniziale, era di bivaccare in questo punto. Purtroppo, la vegetazione rigogliosa ed il vento ci fanno capire che non sarebbe stato un bivacco agevole. Ci riposiamo un attimo su qualche alberello ma alla fine preferiamo spostarci più avanti seguendo la via originale cercando un posto, almeno più riparato.
Sistemiamo la sosta con il secchiello e dopo aver rimesso tutto a posto si riparte. Ora si traversa sotto l’arco che da questa posizione sembra immenso (e tagliato con il Miracle Blade dallo chef Tony) alternando placche e vegetazione fino ad una sosta su un albero con un bel terrazzino. Pensate ora a cosa succede al ns. saccone che deve at-traversare il bosco degli Gnomi tra piante e cespugli. Ogni 5mt si incastra. Stavolta, tocca a me fare il manovale, per fortuna il grado del tiro è dalla mia parte.
(NDR: la maggior  parte delle cordate preferisce salire dritto fino all’arco e solo dopo traversare sfruttando la fessura sottostante.)



L6 – Adesso saliamo in verticale fino sotto l’arco citato in precedenza. Si prosegue lungo la fessura sottostante l’arco proteggibile con friend e nuts grandi. Poco prima della fine dell’arco ci si abbassa leggermente continuando a traversare verso destra fino ad una cengia erbosa con un ginepro dove si sosta. Il saccone stavolta procede con un paio di pendoloni ma senza grossi intoppi visto che non ci sono grossi ostacoli sulla traiettoria . (NDR: di cenge o punti dove bivaccare nemmeno l’ombra)

L7 – Si continua a traversare verso destra, descrivendo la famosa C menzionata prima. Le placche si alternano a terrazzini erbosi che sporcano la suola delle scarpette. Fino a sostare su un terrazzino di erba e radici.
Per il saccone, credo che sia stato il tratto più complicato. Farlo passare tra piante, cespugli ecc. è stato davvero cinematografico … non aggiungo altro! (Anche qui nessun punto sfruttabile per il nostro bivacco).

L8 – si risale la placca e si traversa su fessura bel protetta con friend dall’#1 al #3 per una 40na di metri fino ad una pianta con robuste radici dove si sosta. Tiro complicato per il saccone che richiede due miei interventi per liberarlo da due piante direttamente sulla traiettoria di recupero. Divertente il fatto che per liberarlo ho sempre rischiato di pendolare sul serio…

L9 – tiro abbastanza tecnico, si procede lungo una placca in direzione di uno spigolo. Lo si aggira sfruttando una fessura ben utilizzabile per un incastro di mano quindi si sale una placca appoggiata fino ad un muretto leggermente strapiombante quindi si prosegue su placca fino alla sosta su vecchi chiodi. Mega pendolo del saccone lungo la placca iniziale fin’oltre lo spigolo. Non è richiesto il mio intervento quindi posso concentrarmi sulla scalata. Sono stanco e comincia a fare freddo. La parete è in ombra e la luce sta svanendo. Giro intorno allo spigolo senza problemi ma nel diedrino fatico per la stanchezza.

L10 – si traversa a destra su placca e poi seguendo una fessura si gira intorno ad uno spigolo e poi ancora su placca fino al Bosco Incantato dove si sosta su una pianta.
Nessun intoppo in questo ultimo tiro per il saccone, fatto salvo un bel pendolo iniziale oltre lo spigolo facilmente gestibile tenendo l’estremità opposta.

Al termine della via ci togliamo le scarpette e, nonostante la poca luce, ci concediamo la selfie di rito con i vari complimenti. Mettiamo le giacche e indossiamo le frontali.

on the Top!!!
Di spazio ne abbiamo parecchio ma il vento soffia forte. Sinceramente avrei solo voglia di accasciarmi e mangiare qualcosa. Impossibile non notare come intorno, tutto sia fantastico. Il colore blu spento del cielo e le sagome delle montagne alle ultime luci del giorno che sembrano quasi sovrapporsi l’una sulle altre. Nemmeno una nuvola in cielo, preludio di una stellata da ricordare.

Tornando alle valutazioni possiamo dormire in cima nel Bosco, oppure scarpinare ancora un oretta e scendere al parcheggio.
Fa freddo. Ci sediamo per riposarci e scambiare due parole sulla via e sui vari passaggi.
Fa freddo. Ci addentriamo nel bosco senza nemmeno togliere l’imbraco, con ancora i friends, rinvii e fettucce ci facciamo largo tra gli alberi e cespugli. Il terreno è molto diverso adesso. Uno strato di aghi e foglie secche rende la camminata più comoda mentre cerchiamo il vecchio sentiero dei Melat che scende dallo Scoglio delle Metamorfosi. Arrivati al sentiero, ci sediamo un po’ riparati e devo dire che la  stanchezza si fa sentire. Alla fine, scalare e tirarsi dietro un saccone che si infila ovunque, ci ha costretti spesso ad uscire dalla via per liberarlo … Con un certo dispendio di energie ed ora me ne rendo conto. Beviamo un po’ d’acqua e alla fine decidiamo di scendere al parcheggio cercando un posto più riparato e meno esposto dove passare la notte.

Prendiamo il sentiero e qui comincia “il cinema”. Ogni torciata nel bosco, dimostra come la fauna della riserva sia ancora ricca e ben attiva. Impossibile distinguere di quali animali si tratti ma vi assicuro che sono parecchi.
Scendiamo lungo il sentiero con un paio di “ragliate” causate ad un paio di miei scivoloni ma tutto prosegue senza intoppi. (NDR: Ancora mi chiedo come abbiamo fatto a non perderci)

Complimenti al Pota per l’orientamento.

Attraversiamo la cascata stando attenti a non finire nelle pozze e poi ancora giù lungo il sentiero sempre più stretto fino al Bidet della Contessa.
Credo che solo chi vive in queste zone, abbia visto i giochi di luce che si creano di notte sulle acque del Mello. Magie che ci regala la natura assieme ad una stellata che sembra volerci avvolgere.
Continuiamo la nostra camminata verso il parcheggio.
Passiamo davanti al Gatto Rosso quindi alla casetta di attesa delle navette. Sono esausto, tra salita e discesa voglio solo togliermi tutto. Slaccio lo zaino e tolgo friend, moschettoni e rinvii dall'imbraco.
Metto un cappello e tiro fuori i viveri dallo zaino.
Apparecchio alla buona sulla panchina mentre Matteo prepara i materassini per la notte.
Stappiamo la nostra Sassella. «Alla Nostra e… Auguri Matrix!»



PS: Il giorno dopo è un’altra storia. Non voglio dire nulla sulle risate e i commenti … e sulla nottata, vi dico solo che abbiamo scalato anche il giorno dopo su Cunicolo Acuto (credo), Tunnel Diagonale (forse) e nel pomeriggio, al Sasso RemBambenno dove abbiamo incontrato lo Spini, ho fatto sicura al Rampikino ed in seguito ci ha raggiunto “LaBobby”.
Io ero esausto, ma mi son divertito un sacco nel vederla ingaggiare una lotta furente con un 7b del quale non ricordo il nome.